Monday, August 11, 2008

Le mie inchieste per Lumsa news/colf e badanti a Roma

COLLABORATORI FAMILIARI: IL 90 % È STRANIERO ROMA- Una città nella città: è questa l’espressione più adatta a definire l’estesa comunità di immigrati presente a Roma. Da tempo, infatti, la Capitale rappresenta il punto di maggiore concentrazione di stranieri; tra questi una fetta consistente è rappresentata da coloro che trovano lavoro come badanti o colf, abbreviazione utilizzata per identificare i cosiddetti “collaboratori familiari”. Chi sono questi lavoratori e quali sono le caratteristiche del fenomeno? Secondo i dati del IV rapporto Caritas sull’immigrazione, su oltre 431mila immigrati presenti nella provincia di Roma e 165mila occupati nati in paesi esteri, circa 15mila lavorano nell’assistenza alle famiglie, il 9,5 % del totale. A Roma, inoltre, è straniero ben il 90 % del totale (italiani e stranieri) degli addetti di questo settore: la nostra città detiene il primato per numero di collaboratori familiari immigrati. La maggior parte di essi, quasi l’87 % dei domestici stranieri, è costituita da donne, con un’età media che si aggira sui 40 anni, mentre una quota del 18 % supera i 50 anni. Questo perché, come ci ha spiegato la dottoressa Ginevra De Maio, coordinatrice del rapporto insieme a Franco Pittau, tra le donne molte sono signore di mezza età che partono lasciando figlie e famiglia nel paese d’origine. I principali paesi di provenienza sono quelli appartenenti all’area dell’ex Urss, in particolare Romania, Ucraina e Polonia: circa il 43 %, infatti, arriva da un paese dell’Europa centro-orientale, il 23 % dall’Africa e il 16 % dall’America Latina. Una buona parte è, inoltre, diplomata e compie occupazioni inferiori rispetto alla qualifica professionale: a Roma tra gli stranieri residenti, quelli con un titolo di laurea o di scuola superiore sono il 52%, con una formazione più elevata rispetto al resto dell’Italia, dove sono il 42%. Collaboratrici familiari e badanti guadagnano mediamente, secondo l’Inps, 4.860 euro all’anno (poco più di 400 euro al mese), di fatto la metà della retribuzione percepita da un lavoratore immigrato (pari a 10.000 euro annui). Questo può dipendere da diversi fattori: i datori sono famiglie che non sempre possono pagare cifre elevate, una quota del lavoro svolto non viene dichiarato e rimane quindi nella sfera del sommerso, la maggior parte dei lavoratori domestici sono donne, le quali in generale si è visto che percepiscono una retribuzione inferiore a quella degli uomini di circa il 41,2%. Ma quali sono le intenzioni di colf e badanti straniere? Quasi tutte di fatto restano in Italia, dato che dal 2006 al 2007 sono stati solo 16.900 gli immigrati che si sono cancellati dalle liste anagrafiche per trasferirsi all’estero. Tendenza probabilmente favorita dalla volontà di incentivare la regolarizzazione, anche se di fatto la situazione non è stata sempre la stessa: se nel 2002, a seguito della cosiddetta “grande regolarizzazione”, i lavoratori domestici hanno superato le 500 mila unità grazie all’emersione di circa 250mila lavoratori immigrati prima relegati nel sommerso, negli anni successivi il loro numero invece di crescere è diminuito, probabilmente perché i contributi vengono versati in occasione delle procedure di regolarizzazione per favorire la presenza legale in Italia, ma poi vengono interrotti, in misura parziale o totale (‘reimmersione’), per lo meno fino al momento in cui si rende necessario il rinnovo del permesso di soggiorno (‘riemersione’). Con l’ultimo decreto flussi (quello del 2007) è stata, tuttavia, prevista una quota di lavoratori domestici da far entrare regolarmente pari a 65.000 in tutta Italia e a 4.000 nella provincia di Roma. Gli adempimenti indispensabili per il datore di lavoro consistono nel dotare colf e badanti del permesso di soggiorno nel caso in cui siano cittadine extracomunitarie e della Carta di soggiorno CEE per quelle di nazionalità extracomunitaria. Va segnalata, infine, la nascita di associazioni per l’inserimento e la tutela delle lavoratrici immigrate: si possono citare, ad esempio, la Acli Colf, Associazione professionale delle Acli che organizza le collaboratrici e i collaboratori familiari, e la Api-colf, associazione ecclesiale con consulenti sia in campo nazionale che in campo locale. Dal marzo 2005, inoltre, esiste a Roma il “registro cittadino per assistenti familiari”, un vero e proprio albo in cui sono registrati tutti i nomi di chi fa assistenza agli anziani, a disposizione di chiunque cerchi un collaboratore con esperienza qualificata. CHIARA DEL PRIORE (10/04/08)

Le mie inchieste per Lumsa News/Morti bianche

ROMA- Il problema delle morti bianche è stato riportato all’attenzione dalla recente tragedia della ThyssenKrupp. Per comprendere l’effettiva portata del fenomeno, abbiamo dato un’occhiata alle ultime statistiche: secondo l’INAIL, nei primi nove mesi del 2007 i casi di infortuni mortali sul lavoro sono diminuiti del 2,1% rispetto al periodo omologo dell’anno precedente. Tra i mesi di gennaio e quello di settembre 2007, infatti, ci sono stati 965 casi di infortuni mortali sul lavoro, rispetto ai 986 riscontrati nello stesso periodo del 2006. Anche se i numeri fanno registrare una lieve diminuzione dei casi di morti sul lavoro, abbiamo cercato di commentare i dati relativi alla provincia di Roma e alla Regione Lazio con Antonio Napolitano, direttore della sede regionale dell’ INAIL . L’episodio della ThyssenKrupp ha riportato all’attenzione il tema delle morti sul lavoro. Quali sono le proporzioni del fenomeno a Roma e nel Lazio e i settori maggiormente colpiti?Da questo punto di vista la Regione Lazio può considerarsi una regione “virtuosa”, poiché il tasso di mortalità è molto inferiore se confrontato con quello di altre regioni italiane. Questo perché la maggior parte delle imprese laziali operano nel settore terziario. In ogni caso, la maggior parte degli episodi si riscontra prevalentemente nel settore dell’edilizia e in quello dei trasporti. Quali sono gli ultimi episodi riscontrati nella Capitale?Il mese di dicembre è stato molto negativo. A pochi giorni di distanza si sono registrati vari episodi: un operaio di 22 anni ha perso la vita cadendo da un’impalcatura a Pomezia e si tratta del secondo caso in due anni avvenuto con le stesse modalità; sempre a dicembre un apprendista dipendente delle Ferrovie dello Stato è stato travolto da un treno a Terricola mentre lavorava alla tratta ferroviaria Roma-Napoli. L’ultima tragedia risale a pochi giorni fa, quando un uomo di 45 anni di origine romena è stato travolto e ucciso nei pressi della stazione di Palo Laziale da un treno regionale partito da Roma Termini e diretto a Civitavecchia. Quali sono gli strumenti legislativi approntati per combattere il fenomeno e ci sono, invece, delle soluzioni ancora da adottare?In materia di sicurezza sui luoghi di lavoro il nostro Paese presenta un quadro legislativo abbastanza completo. Il primo riferimento risale alla legge 547 del 1955, che ha regolamentato la sicurezza nei luoghi di lavoro fino agli anni Novanta. Le più recenti sono il decreto 626 del 1994, con le successive modifiche, la legge 494 del 1996 sui cantieri, la 123 dello scorso 8 agosto, fino ad arrivare al decreto Bersani e al decreto legge sulla sicurezza, attualmente in fase di discussione. Le norme esistenti sono adeguate, quello che occorre far capire, al di là degli strumenti legislativi, è che è necessario diffondere la cultura della sicurezza sul lavoro, a partire dalle aziende, ed avere più rispetto per le condizioni dei lavoratori. Nel caso della ThyssenKrupp, cui lei faceva riferimento, l’impresa ha grandi colpe, tra cui quelle di aver dimezzato il personale, prolungando così l’orario lavorativo degli operai a disposizione, costretti a turni anche di 16 ore, e di non aver tenuto conto delle esigenze dei suoi dipendenti. Secondo lei, il lavoro nero influisce sul problema e in che misura?Il lavoro nero ha influito e influisce sul problema. È ovvio che nel caso dell’assunzione in nero di un lavoratore ci sia scarsa o nessuna attenzione per la sicurezza del lavoratore. Tuttavia ora con le nuove norme il lavoro nero è fortemente perseguito: di recente, infatti, è avvenuta la chiusura di 3000 cantieri edili in seguito alla disposizione che vieta una percentuale di lavoratori in nero superiore al 20% dei dipendenti. Questo è solo un esempio di come si stia cercando di debellare il fenomeno. CHIARA DEL PRIORE (10/01/08)

Saturday, August 09, 2008

Le mie inchieste per Lumsa news/Abusivismo

Abusivismo: E’vera emergenza? ROMA. Quali sono le effettive proporzioni del fenomeno dell’abusivismo nella Capitale e quali strumenti sono stati approntati per combatterlo? Lo abbiamo chiesto all’ assessore alla sicurezza del Comune Jean Leonard Touadi e ad Antonio Di Maggio, comandante dell’ VIII gruppo e capo del nucleo sicurezza urbana della polizia municipale di Roma. Il comandante Di Maggio si sofferma soprattutto sul caso lavavetri: ”Il mercato dei lavavetri -spiega- è in mano, per l’80% dei casi, a cittadini di origine romena, i quali hanno conquistato le postazioni dei semafori a suon di botte. Secondo i nostri rilievi a Roma esso conta su poco più di un migliaio di persone tra adulti e bambini, che però si dedicano anche all’accattonaggio”. La questione, dunque, sembra essere di portata decisamente minore rispetto alle attese: ”Il caso di Firenze –continua Di Maggio– portato all’attenzione della stampa, è stato poi gonfiato. Noi, infatti, abbiamo agito su alcune priorità più urgenti come il commercio abusivo, la mendicità, la difesa delle piazze del centro storico dai borseggiatori e soprattutto la prostituzione minorile”. Nessuna ordinanza anti-lavavetri, quindi, ma una forte intensificazione dei controlli per fronteggiare non solo questo fenomeno, ma anche quello dei tanti parcheggiatori “improvvisati” che si aggirano per le strade della Capitale. Si tratta perlopiù di nordafricani e italiani, quasi tutti ex detenuti e/o tossicodipendenti, concentrati prevalentemente in alcune zone, tra cui il Verano, l’Olimpico, il Flaminio e, in estate, il litorale romano, Ostia su tutti. A parlarne è ora Jean Leonard Touadi, il quale, a differenza di Di Maggio, è convinto dell’esistenza di un vero e proprio racket, che regolerebbe la spartizione di semafori e aree di sosta per gli abusivi. Attualmente, ha messo in evidenza l’assessore, non esiste una regolamentazione di carattere generale che riguardi nello specifico queste due tipologie di lavoro abusivo: ”Siamo in attesa di provvedimenti governativi -spiega- perché il Comune di Roma ha sottolineato già la necessità di norme nazionali, ogni città non può fare a modo suo per queste cose”. Gli unici riferimenti normativi, infatti, possono essere rintracciati nell’art. 155 del Testo Unico di Pubblica Sicurezza e negli articoli 671 e 600 del nostro Codice penale, rispettivamente sull’accattonaggio e sulla riduzione in schiavitù; a rafforzare il quadro nazionale in materia è intervenuto solo ora il tormentato pacchetto sicurezza, giunto all’approvazione la scorsa settimana. Parte integrante del pacchetto è proprio il disegno di legge sulla pubblica sicurezza, che prevede, tra le varie disposizioni, il potenziamento del potere di sindaci e prefetti e il rafforzamento della collaborazione tra forze dell’ordine e vigili urbani. L’obiettivo resta sempre quello di contrastare il diffondersi di un fenomeno che, se da un lato potrebbe danneggiare i cittadini, dall’altro va analizzato nelle sue dimensioni reali, evitando di ricreare un nuovo "caso Firenze" (CHIARA DEL PRIORE(LUMSA NEWS-05/11/07)